I partigiani

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Bentivogli Giuseppe

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Bentivogli Giuseppe, «Liberel, Nonno», nasce il 3 Febbraio 1885 a Molinella, dove è residente nel 1943. Operaio meccanico. Iscritto al PSI, al PSUI e al MUP.

Quando nasce Molinella è la terra dei braccianti, la categoria più povera e sfruttata che esista. Egli ha il privilegio di nascere nella casa di un cameriere che sa leggere e scrivere.

Viene avviato al mestiere di meccanico per biciclette, un lavoro che gli avrebbe potuto garantire un avvenire tranquillo e sicuro.legò la sua sorte con quella dello sterminato esercito dei braccianti e dei mezzadri bolognesi. Per lui la «sacra famiglia contadina» è al centro del mondo agricolo di allora e la terra, centro delle lotte politiche e sindacali dell'epoca, è luogo di propaganda socialista .

A Molinella c'era Giuseppe Massarenti a predicare la lotta di classe, di cui Bentivogli diviene presto amico.

Nel 1912 viene eletto consigliere comunale per il PSI , due anni dopo è tra i principali dirigenti della lotta agraria che si svolge da gennaio a ottobre a Molinella. Il 5 Ottobre 1914 gli agrari fanno arrivare a Molinella una squadra di crumiri per vincere lo sciopero, così avvengono degli scontri violenti con gli scioperanti. Bentivogli è arrestato assieme ad oltre duecento attivisti sindacali e lavoratori, mentre Massarenti si rifugia nella Repubblica di S. Marino.

Ai primi del febbraio 1919 ritorna la libertà per un'amnistia. Nel giugno 1919,anche Massarenti riceve l'amnistia e riesce ad ottenere quello per cui gli sciperanti di Molinella avevano scioperato cinque anni prima.

Nel 1920 la Federterra bolognese decide di ripetere su scala provinciale lo sciopero di braccianti e mezzadri. Bentivogli è nominato nel Comitato posto alla guida dello sciopero insieme a Luigi e Paolo Fabbri, Renato Tega, Mario Piazza e Giovanni Goldoni. Lo sciopero durato da Gennaio sino al 25 Ottobre è durissimo, ma alla fine mezzadri e braccianti conquistano il concordato Paglia-Calda. Da qui per Bentivogli inizia una lunga serie di incarichi politici e sindacali.

Nel 1914 e nel 1920 è rieletto al consiglio di Molinella e nel 19-20 anche a quello provinciale di Bologna. Alla fine del 1919 non ottiene la carica di segretario della Camera confederale del lavoro perché appartenente alla corrente riformista.

Quando appaiono le prime squadre fasciste Bentivogli non fugge, a differenza di altri che la nomina l'avevano ottenuta.

Dopo lʼassalto fascista del 12 Giugno 1921 Massarenti viene bandito da Molinella e Bentivogli e Paolo Fabbri diventano i massimi dirigenti del movimento operaio molinellese guidando la lotta per la difesa dell'amministrazione. Molinella cade solo nel 1926, quando il fascismo diviene regime. Fu in quegli anni, sotto lʼinfuriare della reazione fascista - quattro furono i lavoratori uccisi e centinaia quelli feriti o bastonati - che tra Bentivogli e Paolo Fabbri si cementò un fraterno sodalizio e una comunione di idee che durava da anni e che solo la tragica morte di entrambi avrebbe interrotto. Dopo questi fatti bentivogli prende il posto di Massarenti in Comune, ma con la carica di vice-sindaco per lasciare un vuoto amministrativo. Da quel momento ha scontri ripetuti con i fascisti e subisce numerose bastonazioni.

Il 27 Novembre 1922 il prefetto scioglie il consiglio comunale. Bandito anche lui da Molinella si trasferì a Bologna, dove il 16 Marzo 1923 è aggredito dagli squadristi di Molinella e lasciato morente sul selciato di viale XII Giugno. Quando scoprono che è ancora vivo i fascisti invadono lʼospedale S. Orsola per finirlo ma Bentivogli viene difeso dal prof. Bartolo Negrisoli, gesto che gli costa la carriera universitaria.

Mentre si trova in ospedale concede un'intervista per il giornale “Observer” dove descrive la situazione di Molinella. Viene denunciato per cospirazione contro lo Stato.

Nel 1922 entra nel PSUI e successivamente nella segreteria della Camera Confederale del Lavoro, in rappresentanza della quale viene eletto nel direttivo nazionale nel 1924.

Dopo aver rappresentato la Federterra a Milano rientra a Bologna e viene arrestato il 16 Novembre 1926, assieme a numerosi dirigenti socialisti bolognesi. Riceve il confino e va prima a Lampedusa (AG), poi a Pantelleria (TP) e a Ustica (PA) e infine a Ponza (LT).

Nel 1927, mentre è a Ustica, è denunciato per avere svolto intensa attività politica tra i confinati. Il 19 Novembre 1928 viene prosciolto.

Il 18 Dicembre 1929 torna a Molinella per fare il meccanico. Il 31 Marzo 1931 è di nuovo in arresto e dopo due anni di confino si reca di nuovo a Molinella; è Dicembre del 1932. Rimane costantemente sorvegliato dalla polizia, tenendosi in contatto solamente con Paolo Fabbri. Nellʼautunno del 1942 partecipa alla costituzione del MUP, unitamente a Fabbri, Tega, Alfredo Calzolari, Gianguido Borghese, Fernando Baroncini, Enrico Bassi ed altri provenienti dal PSUI.

La polizia lo arresta il 27 Luglio 1943; ad Agosto l'assoluzione.

Dopo lʼarmistizio diviene vice segretario provinciale e regionale del partito socialista, pur continuando a risiedere a Molinella, dove è uno degli organizzatori della brigata Matteotti Pianura, la 5ª brigata Bonvicini.

Nel marzo del 1944 si trasferisce a Bologna e diventa uno dei principali dirigenti del partito. Determinante il suo contributo per lʼorganizzazione delle tre brigate Matteotti, delle quali è commissario politico per diverso tempo.

Nel novembre 1944 prende il posto di Fabbri come segretario della federazione bolognese. Divenuto massimo dirigente del partito, abbandona tutte le cariche sindacali – che aveva assunto il nome di battaglia di “Nonno”. Ai primi di settembre era stato uno dei promotori della rinascita della

Camera Confederale del Lavoro, assieme ad altri esponenti comunisti, cattolici e anarchici.

A lui, in modo particolare, si deve la ricostituzione della Federterra e lʼinizio di numerose agitazioni nelle campagne per rivendicare lʼapplicazione del vecchio concordato Paglia-Calda stracciato dai fascisti nel 1920. Nellʼinverno del 1944-1945 quando il PLI e la DC minacciano di mettere in crisi lʼunità del CLN nel caso in cui i contadini non accettassero di rivendicare lʼapplicazione del vecchio concordato, Bentivogli rischia la rottura del fronte antifascista. Il suo contraddittore è Filippo Cavazza della DC, che aveva anche lui militato come capolega. La priorità massima è liberare l?italia ma Bentivogli pensa che sia importante lavorare per quegli interessi che rimarranno tali anche dopo la guerra.

Nel pomeriggio del 20 Aprile 1945 si reca nello studio di Roberto Vighi per leggere il testo del progetto di legge che il CLN aveva preparato per consentire la restituzione alle cooperative del patrimonio confiscato dai fascisti. Uscito dallo studio si dirige in piazza Trento Trieste dove avrebbe dovuto incontrarsi con Sante Vincenzi, lʼufficiale di collegamento tra il CUMER e la divisone Bologna, per decidere la nomina di un nuovo comandante della brigata Matteotti Pianura, dopo la morte in combattimento di Alfredo Calzolari. Mentre discutono sono catturati dai fascisti, informati da un meridionale che per parecchio tempo aveva vissuto a Molinella.

La mattina dopo, mentre era in corso la Liberazione di Bologna, i fascisti in fuga verso nord abbandonano in via Saffi, località Otto Colonne, i corpi straziati dei due militanti antifascisti.

Riconosciuto partigiano dal 9 Settembre 1943 al 20 Aprile 1945.

Alla sua memoria è stata concessa la medaglia dʼoro, con la seguente motivazione: «Instancabile organizzatore di formazioni partigiane, si prodigava nella lotta di liberazione in moltissime azioni quanto mai rischiose mettendo sempre il nemico nelle più gravi difficoltà. Catturato, sopportava le atroci torture infertegli dal nemico con impassibile fermezza; condannato alla pena capitale affrontò la morte da eroe. Esempio fulgido di abnegazione e di indomito coraggio». Il suo nome è stato dato a una strada di Bologna e ad una di Molinella, oltre che ad una sezione del PSI.



La lapide

Vincenzi Sante

La strada

Via de' poeti

Giù