I partigiani

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Piazza dell'Unità

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15 novembre 1944.

La battaglia della Bolognina

 

Il 15 novembre, con il conflitto della Bolognina si chiude la stagione delle battaglie partigiane in città dell’autunno 1944. Letta come epilogo della battaglia di Porta Lame, la Bolognina segna viceversa l’inizio di una nuova e più cruenta attività repressiva tedesca e fascista in una città fredda e senza vita, sospesa in un clima di terrore e di attesa.

Il proclama Alexander del 13 novembre, con la fine dell’offensiva che si credeva avrebbe portato all’imminente liberazione della città, crea una situazione nella quale i partigiani si trovano in posizioni pericolose e abbandonati alle sole proprie forze. La giornata di scontri a Porta Lame, il 7 novembre, aveva già messo a dura prova la struttura clandestina della 7a GAP, le vecchie basi non erano più sicure, i feriti erano stati rifugiati alcuni in abitazioni private, mentre altri erano riusciti a raggiungere l’infermeria di via Duca d’Aosta 77, oggi via Andrea Costa. Tutti gli altri avevano trovato scampo in basi sparse nella città e in provincia. In piazza dell’Unità, all’angolo con via Tibaldi, in uno stabile semidiroccato, si erano sistemati una ventina di partigiani di diversa provenienza: otto appartenenti a squadre di città, due ex rastrellati aggregati alla 7a GAP, mentre gli altri erano elementi di brigate di provincia. Il comando è di Ardilio Fiorini “Primo”. Aspettano ordini per conoscere il futuro del gruppo e soprattutto per sganciarsi dalla zona, considerata non sicura.

Inizia così la storia della battaglia della Bolognina, di prima mattina, quando in piazza dell’Unità arrivano 18 mezzi corazzati, tra carri armati e autoblindo, con numerosi tedeschi e militi fascisti: è un rastrellamento in grandi forze, l’isolato che nasconde i partigiani è circondato. Il comandate “Primo” decide di mandare Mario Ventura “Sergio” in ricognizione per verificare la reale consistenza delle forze nemiche e raccogliere informazioni, ma “Sergio” viene catturato (sarà fucilato il giorno dopo).

Nella base di via Tibaldi, i 17 partigiani rimasti controllano la situazione dalle finestre delle due camere che si affacciano sulla piazza e puntellano con grosse travi la porta d'ingresso. Viene deciso di non attaccare e, se scoperti, di cercare una via di fuga dal retro dello stabile tentando di raggiungere la zona del Mercato ortofrutticolo, in via Fioravanti, parzialmente distrutto dai bombardamenti, per poi disperdersi nella campagna. Alle 12,30 una pattuglia fascista entra nell’edificio per controllare gli appartamenti; quando i militi arrivano a quello partigiano trovano la porta sbarrata dall’interno e la sfondano, ma sono uccisi da “Primo” e da Renato Romagnoli “Italiano”. Inizia la sparatoria nelle scale, nella piazza, nel cortile interno. “Primo” e “Italiano” scendono seguiti da altri compagni tentando lo sganciamento verso il Mercato ortofrutticolo, mentre quelli che non riescono a fuggire iniziano a sparare dalle finestre sulla piazza. Edgardo Galetti “Bufalo” viene ucciso mentre attraversa la strada. Stessa sorte per Danilo Chiarini “Diavolo” e Amos Facchini “Joe”, che ferito mortalmente, riesce a ripararsi tra le macerie, ma si spara alla testa con l’ultima pallottola.

La battaglia dura poco più di un’ora e i tedeschi sparano contro lo stabile anche con i cannoni dei carri armati.

In questo scontro perdono la vita Gino Comastri “Rolando” e Bruno Camellini “Slavo”.

I feriti, “Primo”, Rossano Mazza, Franco Del Rio “Bob”, Arrigo Brini “Volpe”, Riniero Turrini “Maresciallo” e “Toscano” riescono a salvarsi grazie all’aiuto dei compagni.

Fiorini, Turrini, Mazza, Dal Rio e Brini sono portati all’infermeria partigiana di villa Romiti in via Duca d’Aosta dove il 13 dicembre 1944, a causa di una delazione, sono catturati dai fascisti, torturati e poi fucilati assieme ai feriti di Porta Lame.

“Toscano”, che si spara per non cadere in mano nemica, è ricoverato in seguito in ospedale e si salva.

“Italiano”, Secondo Negrini “Barba”, Osvaldo Allaria “Dado”, Salvatore Calogero “Siciliano” e Giovanni Galletti “Gallo” sono i partigiani del gruppo della Bolognina che sopravvivono illesi alla battaglia.

Avventurosa è la fuga di “Italiano” che, dopo la prima sparatoria all’interno dell’appartamento, scappa attraverso i cortili del retro dirigendosi verso il Mercato ortofrutticolo. Due tedeschi tentano di fermarlo, ma sono uccisi da “Italiano” che poi, già sulla strada verso la libertà cade. La canna del mitra gli si riempie di terra. Ormai disarmato, gioca d’astuzia e, dopo aver nascosto l’arma, si presenta impaurito al gruppo dei fascisti che circonda la casa presentandosi come un abitante dello stabile. Lo aiutano l’aspetto giovanile dei suoi 17 anni e l’abbigliamento da ragazzo che gli salvano la vita.

Osvaldo Allaria “Dado”, si salva buttandosi a terra e fingendosi morto fino a quando, approfittando di una tregua nella prima sparatoria, riesce a rifugiarsi nella soffitta di una casa semidistrutta dove aspetta otto ore prima di riuscire a scappare.

Come concluderà Osvaldo Allaria in una testimonianza scritta per l’imponente raccolta di Luciano Bergonzini sulla Resistenza, “cominciava per Bologna l’inverno di terrore”.

 

Paola Furlan

 

Bruno Camellini

Daniele Chiarini 

Gino Comastri 

Amos Facchini

Edgardo Galetti

Mario Ventura

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