Cesarini Ezio. Nato il 28 Agosto 1897 a Montebello Vicentino (VI). Nel 1943 è
residente a Bologna. Ha un diploma di scuola secondaria e lavora come giornalista. Iscritto al PSI e poi al PNF.
Nel 1916 è condannato a due mesi e venti giorni di reclusione per aver preso parte ad una manifestazione contro il “Giornale del mattino”, quotidiano interventista della massoneria bolognese.
Nel 1917 rimane invalido combattendo in guerra.
Nel 1920 segue i corsi dellʼUmanitaria di Milano, la scuola che prepara i quadri del movimento socialista, cooperativo e sindacale.
Dopo la strage di Palazzo dʼAccursio, del 21 Novembre 1920, si rende irreperibile, temendo di essere arrestato.
Nel 1925 entra a far parte de “Il Resto del Carlino” come segretario di redazione.
Nel 1927 - quando diviene obbligatoria per i giornalisti lʼiscrizione al PNF, pena la perdita del lavoro - chiede la tessera ed è assegnato alla cronaca nera.
Il 10 Aprile 1930 viene radiato dallʼelenco degli schedati e dei sovversivi.
Nel 1933, quando Leandro Arpinati – il capo del fascismo bolognese - è arrestato e mandato al confino, gli arpinatiani subiscono lʼemarginazione. Così Cesarini il 31 Dicembre 1933 si vede licenziare dal giornale e ritirare la tessera del PNF.
Per riavere la tessera del PNF, nel 1935 va volontario alla guerra dʼEtiopia, arruolandosi in un reparto di camicie nere. Fonda, insieme ad altri, il “Giornale di Addis Abeba”.
Tornato in Italia, riottiene la tessera e il posto a “il Resto del Carlino”, ma non per molto.
Il 17 Gennaio 1938, in via Rizzoli, Cesarini saluta l'ex sindaco socialista Francesco Zanardi. Alfredo Leati, segretario federale del PNF bolognese, nota la scena, e chiede al direttore del giornale, Armando Mazza, di licenziare Cesarini. La mattina seguente un'auto preleva quest'ultimo e lo porta alla Casa del Fascio, dove è costretto a consegnare la tessera del PNF.
In questo modo perde il posto non ottenendo la liquidazione. Riesce ad avere comunque dei sussidi dal PNF.
Il 13 Marzo 1939 Leati informa Pedrazza (redattore capo de “Il Resto del Carlino”) che Cesarini è stato riammesso nel PNF.
Il 26 Luglio 1943 tiene un comizio in piazza Vittorio Emanuele II (oggi piazza Maggiore) per festeggiare la caduta del regime. Dopo lʼ8 Settembre 1943, data in cui il “Proclama Badoglio” sancisce la fine di ogni ostilità con le truppe anglo-americane, è uno dei pochissimi giornalisti che non si presenta al giornale, per non collaborare con tedeschi e fascisti. Decide di recarsi al sud già liberato, ma, per non lasciare la famiglia in difficoltà, prima di partire chiede al giornale che la liquidazione.
Convocato, quando entra al giornale trova i militi della Guardia Nazionale Repubblicana e viene arrestato.
Il 26 Gennaio 1944, si trova rinchiuso nelle carceri di S. Giovanni in Monte (Bologna) mentre i partigiani giustiziano Eugenio Facchini, il segretario provinciale del Partito Fascista Repubblicano.
La sera stessa un Tribunale militare di guerra composto per decidere della rappresaglia si riunisce e, in assenza degli imputati e degli avvocati difensori, processa dieci detenuti, scelti a caso tra i trecentonovantasei che si trovano in carcere, tra i quali Cesarini.
Sono condannati per la seguente motivazione: «Per avere dal 25/7/43 in poi, in territorio del comando militare regionale, con scritti e con parole, con particolari atteggiamenti consapevoli e volontarie omissioni e con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato in conseguenza lʼatmosfera del disordine e della rivolta e determinato gli autori materiali dellʼomicidio a compiere il delitto allo scopo di sopprimere nella persona del Caduto il difensore della causa che si combatte per lʼindipendenza e lʼunità della patria».
Subisce la fucilazione al poligono di tiro di Bologna il 27 Gennaio 1944 con Alfredo Bartolini, Romeo Bartolini, Alessandro Bianconcini, Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Francesco DʼAgostino e Zosimo Marinelli.
Luigi Missoni e Sante Contoli ricevettero pene detentive.
Riconosciuto partigiano nella brigata Matteotti città dal 9 Settembre 1943 al 27 Gennaio 1944. Gli è stata conferita la medaglia dʼargento al valore militare con la seguente motivazione: «Ardente patriota, attivamente ricercato dai nazifascisti, dava prezioso apporto alla causa patriottica, distinguendosi in molteplici circostanze per coraggio, entusiasmo e fattive iniziative. Scoperto ed
arrestato a Bologna mentre svolgeva una pericolosa missione affidatagli dal “Centro” di Roma, e condannato a morte per vile rappresaglia, affrontava virilmente il martirio, facendo sereno olocausto della sua vita per il riscatto della Patria e della libertà». Bologna, settembre 1943 - gennaio 1944.
Al suo nome è stata intitolata una strada di Bologna. Nellʼatrio dello stabilimento de “il Resto del Carlino”, in via Gramsci, è stata murata una lapide con questa epigrafe: «Ezio Cesarini/ Giornalista/ lottò e morì/ perché lʼItalia fosse libera/ Iniqua sentenza/ lo trasse davanti al plotone fascista/ il 29 gennaio 1944/ LʼAssociazione Stampa Emiliana/ fiera del suo glorioso caduto/ ricorda con lui il pubblicista/ Nino Giovanni Brizzolara / vittima dello stesso odio di parte».
Quando il giornale si trasferì in via Mattei, la lapide fu smontata, ma non esposta nella nuova sede.